Per
il Giubileo 2000 l’artista fiorentino ha realizzato un ciclo ispirato
alla preghiera del Padre Nostro
VOLTURNO MORANI CAPOSCUOLA
DEL NEOCOSTRUTTIVISMO
PRESENTAZIONE
MOSTRA DI MANTOVA
dicembre 2001
A CURA DI ITALO
FRIGERI
Nuova svolta nella pittura moderna con la testimonianza di Volturno Morani
artista fiorentino trapiantato nel modenese, una voce colta che ha innescato
un movimento artistico di rottura e superamento delle variegate correnti
figurative che hanno caratterizzato il panorama dei primi decenni del
Novecento.
Volturno Morani - considerato dai critici il fondatore del “Neocostruttivismo”
- ha incentrato il suo cammino artistico in una prospettiva di iconologia
mirata al tempo-spazio e quindi al “sacro". Ne abbiamo testimonianza
nell’ultima sua produzione.
Il grande evento mediatico del Giubileo 2000 voluto da Giovanni II ha
infatti fornito il materiale “ideale” per la creazione
del ciclo pittorico ispirato alla preghiera fondamentale. Il “Padre
Nostro”.
Sono sette opere (pittura a smalto su tela, 70 100) esposte nell’anno
giubilare attraverso una mostra itinerante in varie città italiane,
tra cui Napoli, Roma e a Modena. Sono vere Icone sacre ispirate alla preghiera
più bella del cristiano. Il forte segno dell’artista reinterpreta
il volto del Cristo in una nuova chiave che unisce il “razionale”
con il “sacro”. Per realizzarle l’artista abbandona
il monocromatismo che aveva caratterizzato a lungo, come vedremo, la sua
opera. Adotta l’azzurro in tutte le sue tonalità e qui anche
il rosso infuocato.
Il colore del cielo, in tutte le sue varie sfumature, nei dipinti per
il Giubileo, si impasta con il rosso fuoco che per l’artista rappresenta
la “materia occulta o invisibile”.
Significativo e di particolare suggestione il quadro “Venga il tuo
Regno” dove la voce degli uomini (le onde azzurre) sale verso l’universo
della Dimensione Divina, dalla quale prende il via la venuta del Regno
di Dio. “Il blu e il rosso all’unisono - spiega Morani - sciolgono
l’enigma della diversità dei due universi, e così
l’approdo del Divino diventa possibile”.
Una svolta che matura dalla condizione spirituale del pittore, uomo che
ha vissuto e vive il travaglio metafisico e filosofico della sua formazione
culturale con coerenza e sempre con piena fiducia nel nuovo che avanza.
Volturno Morani, nel solco di una tradizione familiare di grandi pittori
e scultori del secolo scorso e per affinare la sua inclinazione si diploma
all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Subito è impegnato
tra la “scultura d’accademia“ ed una serie di rappresentazioni
pittoriche del figurativo classico, marcandole però con una cifra
di inventiva personale incisiva.
L’artista, sempre tormentato, sente la necessità nel tempo
di approfondire la sua ricerca in campo artistico e filosofico senza mai
però aggregarsi a gruppi o a correnti. Negli anni ‘50 -‘60
elabora così un linguaggio stilistico nuovo voltando le spalle
al predominio culturale dell’Informale. Gioca la sua tavolozza puntando
sul monocromatismo e sforna quelle famose tele dipinte d’azzurro
che lo faranno conoscere oltre i confini nazionali.
“L’uomo non subisce più l’alienazione della tecnica
meccanicistica - dice il critico Giuseppe Cordoni - ma si reintegra nella
realtà, percepisce le mutazioni del mondo contingente ed è
attratto da ciò che può essere edificato nell’altrove.
Proprio là, in quella dimensione dell’invisibile: cosmico
e metafisico in un tempo”.
Reintegrandosi nella realtà con la sua forza creativa ci propone
un realismo simbolico, il Neo-costruttivismo, di cui
Morani è riconosciuto caposcuola in Italia. Il movimento artistico
viene illustrato per la prima volta attraverso le opere esposte nel '66
a Milano. L’opera-simbolo è “Tempo e Spazio”,
una tela in un solo azzurro impastata in quattordici tonalità che
è ancora oggi punto di riferimento per quanti vogliono studiare
questo movimento.
Gli è accanto nella rassegna milanese il pittore Fontana che percorre
una strada completamente diversa e che sta già affermandosi anche
commercialmente con successo. Morani però non segua i consigli
dell'amico Fontana e continua per la sua strada, nel ragionamento intorno
all’uomo che cerca con ansia il rapporto con il Divino.
Il suo discorso culturale coniuga filosofia e scienza, arte e religione,
meglio, arte e religiosità. Dopo aver conseguito la laurea in architettura,
approfondisce i temi di teologia che lo portano a frequentare e a laurearsi
anche in Scienze religiose presso la Pontificia università lateranense.
Ecco quindi che la spirale della conoscenza è sempre più
tesa nella ricerca dell’altra dimensione di Dio.
Nei suoi quadri, vere “Icone nel cosmo”, si fondono sia gli
aspetti della scienza sia quelli della religione per coniugare scienza
e fede. La tecnica del Neocostruttivismo rimane intatta ma ecco apparire
nelle tele un secondo colore: il rosso.
A testimonianza di una dimensione non umana, non razionale.
Nei periodi successivi, il Morani caratterizza la sua produzione anticipando
pure grandi scoperte scientifiche come le “particelle invisibili”,
anticipazione sulla scienza da momento che solo nel 1993 gli astrofisici
ne comunicano la grande scoperta scientifica.
E oggi è presente con questo ciclo delle icone sacre, opere di
intensa spiritualità, di cui “la dimensione invisibile coincide
con la materia divina”.
Accanto al ciclo del “Padre Nostro” altre tre opere: Messia,
Mosè e Trasfigurazione, tutte di grande effetto plastico che pongono
l’uomo moderno di fronte ai grandi temi universali.
Con al centro il volto del Cristo.
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